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Rhapsodie hongroise

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Instrument(s) :

Per violoncello et pianoforte. Orchestratione nel 1897 da Max Schlegel. Opus 68.

Opera di straordinario virtuosismo, la Rhapsodie hongroise di David Popper si inserisce nella tradizione dei grandi affreschi strumentali ispirati al folklore ungherese, accanto alle Rapsodie di Liszt e alle Danze ungheresi di Brahms. Il violoncellista Popper ha concepito questo brano soprattutto per valorizzare il suo strumento, di cui conosceva perfettamente le risorse espressive e tecniche. Il titolo annuncia una forma libera, costruita sul modello della czárdás, la danza tradizionale ungherese che alterna lassan e friska, ossia passaggi lenti e cantabili e vivaci impennate ritmiche. Il brano si apre con la maestosità quasi solenne di un tema nobile, subito ripreso dal violoncello e marcato da una prima cadenza virtuosistica. Il tono si fa brevemente più cupo in una sezione di carattere meditativo, prima di cedere allo slancio di un Allegretto danzante, in cui sembra di sentire, in filigrana, reminiscenze brahmsiane. Segue un Presto in perpetuo movimento, in uno stile vicino alla toccata. Un secondo Adagio sospende il tempo con espressività tutta romantica, prima che lo scintillante Allegro vivace finale concluda il brano in un gioioso tripudio. In questo lavoro, scritto originariamente nel 1893 per violoncello e pianoforte e poi orchestrato nel 1897 da Max Schlegel, Popper non si accontenta di un esotismo superficiale ma infonde nella struttura serrata un soffio drammatico e una grande inventiva melodica, utilizzando tutte le risorse espressive del violoncello, che è al contempo strumento e voce interiore dell’autore.

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data di pubblicazione : 19/09/25



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